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Accanto all'arte presepiale
si colloca con altrettanto vigore la satira, che presta la
massima attenzione alla politica, lo sport e l'attualità in
generale. Sempre un passo avanti rispetto al pensiero
corrente, offre con la sua arte figurativa un carosello di
efficaci rappresentazioni caricaturali, a volte combinate
tra loro sebbene nella realtà appaiano distanti, grazie alle
proiezioni mentali di un popolo che delle proprie
problematiche sociali ed economiche ha fatto il proprio
volàno, eterno antidoto ai troppi ostacoli che da sempre, ma
soprattutto dalla fine del Regno delle Due Sicilie, si sono
frapposti tra i napoletani e la loro esistenza.
Fino al 1860 Napoli fu infatti, a tutti gli effetti, la
capitale politica e culturale di un Regno che la vide regina
assoluta del Sud Italia, città ricca di cultura (già allora
l'Università degli Studi Federico II vantava una ricca e
lunga storia), d'imprenditoria e commercio interno ed
estero, che garantivano anche una ricchezza pecuniaria ed
aurea, poi spazzata via dalle depredazioni e razzie
dell'esercito sabaudo.
Da allora in poi, Napoli ha dovuto fare i conti con una
condizione di imposta subalternità, che tuttavia, a distanza
di oltre 150 anni, non ha scalfito la sterminata capacità di
andare oltre, di esprimere la sua invincibile voglia di
fare, di creare, di trovare soluzioni nuove a problemi anche
antichi, che ben si esprime nell'indiscutibile arte di
Neapolis.
Una perla tra le perle artistiche la troviamo nel Museo
Cappella San Severo: il Cristo Velato, opera in marmo di
Giuseppe Sammartino, datata 1753: definirla scultura è
riduttivo, siamo di fronte ad un emozione che può far
rischiare la "sindrome di Stendhal" a chi è predisposto. Per
raggiungere il museo, dove sono custodite le "macchine
anatomiche" ed altre pregevoli sculture, percorriamo il
Decumano Inferiore (Via San Biagio dei Librai) e giunti
nella improvvisa, quanto seducente, Piazza San Domenico
Maggiore, svoltiamo a sinistra per raggiungere Via Francesco
de Sanctis. Siamo a cavallo tra i due Decumani, siamo nel
cuore di Napoli. E si sente...
Un'arte, quella di Napoli, che spazia dalla pittura alla scultura, dal teatro
al cinema, dalla poesia al cabaret, dall'arte presepiale e
caricaturale alla gastronomia. Ed è proprio la gastronomia,
a magnetizzare l'attenzione del visitatore: dopo un
emozionante pieno di arte e cultura, ancora ammaliati dai
mille risvolti, dalle allusioni più ardite e dalla sapienza
più scanzonata, ci si tuffa in un mare di sapori e aromi
succulenti. Tra trattorie, ristoranti chic e cucina di
strada ce n'è per tutti i gusti!
Una fragrante pizza nelle più fantasiose varianti e cotta
rigorosamente nel forno a legna, una linguina ai frutti di
mare, una grigliata di pesce fresco del Golfo, una teglia di
parmigiana di melanzane, una zuppa di cozze, un tortano (con
l'accento sulla prima sillaba!), ricco di salumi e formaggi
e dal profumo da acquolina in bocca, un casatiello (che dal
tortano si distingue perché ornato da uova intere su cui si
intrecciano listarelle della sua stessa pasta, i calzoni
fritti, e infinite altre specialità suadenti e ammiccanti,
aprono le porte all'irresistibile produzione dolciaria.
La pastiera, gli struffoli, i babà (anche a forma di
Vesuvio!), le sfogliatelle, i rococò, i susamielli e i
mustaccioli concludono un pranzo dal gusto inebriante. Prima
dell'immancabile limoncello (preparato con i limoni della
Costiera Amalfitana) e della meravigliosa "tazzulella" di
caffè, forte e aromatico come la gente di Napoli.
Oggi Parthenope conosce una rinascita ricca di attrattiva e
dignità, che sta dando vita ad una vivacissima rinascita
anche sul piano turistico. Il mondo torna a visitarla, ad
ammirarla, a lasciarsi inebriare dalla sua vena artistica,
attraverso cui ne scopre ancora una volta l'intensa storia e
cultura, le mille tradizioni, la Lingua irrefrenabile,
tagliente mentre è dolce, seduttiva mentre è sagace.
Magica come la città che la vive.
Testo di Tina Taliercio. La riproduzione anche
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