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Il cibo, come molti sostengono, va gustato. Poi,
forse, se ne può anche parlare. Sarà per sano "spirito di
sacrificio", evidentemente, che ci siamo allora sottoposti
alla degustazione di alcune specialità campane...
La prima, grande delizia per il palato si è impressa con
forza nei nostri gastro-ricordi: gli spaghetti con la
colatura di alici, detti anche "alla cetarese" - dal nome di
Cetara, la suggestiva località in
Costiera Amalfitana da cui
traggono origine - sono una leccornia di raffinatezza
assoluta. Un gusto del tutto speciale caratterizza questo
piatto, da preparare con spaghetti della migliore qualità
(prodotti esclusivamente in
Campania nei pastifici che
utilizzano la trafilatura in bronzo). La colatura di alici,
ossia il succo trasparente secreto dalle alici poste in una
soluzione satura di acqua e sale, proviene tradizionalmente
dal pescato locale e viene specificamente realizzata tra il
25 marzo, Festa dell'Annunciazione ed il 22 luglio, giorno
di Santa Maria Maddalena. Storicamente, si tratta di un
prodotto gastronomico risalente ai Romani, che producevano
una salsa molto simile all'attuale colatura, chiamata garum,
di cui sono state trovate ampie tracce anche a
Pompei.
Durante il Medioevo la ricetta della colatura di alici fu poi recuperata da alcuni
gruppi di monaci in
Costiera
Amalfitana, che ne diffusero il
procedimento e la ricetta stessa tra le popolazioni della
costa, che a loro volta raffinarono ulteriormente le fasi di
colatura.
Oltre alla colatura stessa e ai già citati spaghetti, è
imperdibile la presenza di grossi pomodori acerbi, da
tagliare a tocchetti e unire all'olio extravergine d'oliva,
al peperoncino e al prezzemolo tritato. Il tutto da
preparare a crudo, con l'aggiunta degli spaghetti (o delle
linguine) scolati al dente, per l'amalgama finale. Da
ricordare: l'acqua della pasta non va salata, poiché la
colatura è ben sapida ed in grado di condire gli spaghetti
senza l'aggiunta di sale.
Lo scàmmaro, altro primo piatto tipico, consiste sempre di
spaghetti, ma stavolta fatti in casa e conditi con una
salsa
a base di alici, olive, capperi e peperoncino - specialità,
questa, diffusa in tutta la regione
Campania.
Anche tra i secondi piatti il pesce la fa da padrone. E come
poteva essere altrimenti? Il baccalà alla salernitana viene
impanato e fritto, per essere poi passato in forno, coperto
di cipolla bianca (che al termine della cottura si trasforma
in una crema delicata e saporita), a cui si aggiungono
pomodori del pendolo (lasciati ad essiccare sul balcone per
mesi, procedura che conferisce loro un gusto assolutamente
speciale, diverso dalla norma) e carnose olive verdi.
Molto amato è anche il pesce all'acqua pazza. Tante le
varianti di pesce utilizzate, dal branzino all'orata, al
sarago e alla spigola, rigorosamente freschissimi, da
cuocere (meglio se in un tegame di terracotta) con una
preparazione a base d'acqua, cipolla bianca tritata,
pomodorini a tocchetti, prezzemolo tritato, peperoncino e un
po' di vino bianco. Il pesce dovrà essere completamente
sommerso dal liquido e cuocere a fiamma bassa per una
mezzoretta. Il gusto sarà delicato e inedito, con la polpa
che resta molto morbida e succosa.
Tra i dessert, il prezioso Limone della Costiera (oggi
Presidio Slow Food e prodotto I.G.P., peraltro protagonista
o importante contributore anche di molte ricette salate),
offre il suo succo e aroma esclusivi, la sua carnosa buccia
(da grattugiare per preparazioni uniche) ed il suo brillante
colore ai dessert più gustosi. Nello specifico, si tratta
del limone sfusato, prodotto esclusivamente nei Comuni di
Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini,
Furore, Maiori,
Minori,
Positano, Praiano,
Ravello,
Scala, Tramonti e Vietri
sul Mare. Richiede modalità di coltivazione differenti,
grazie alle quali acquisisce proprietà organolettiche
diverse dai comuni limoni.
Oltre alle classiche torte e all'ottimo gelato al limone,
una menzione speciale merita il liquore Limoncello, divenuto
negli anni un'indiscussa icona della
Costiera Amalfitana. Da
gustare dopo cena, ghiacciato. Ne vale indubitabilmente la
pena.
Testo di Tina Taliercio. La riproduzione anche
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